Sono circa le 20 del 23 gennaio quando salgo le scale della casa di Ettore: Claudio, imbacuccato come un eschimese, mi ha appena fatto accomodare la macchina nel garage sotterraneo, il tempo fa cagare, scende del nevischio (in montagna nevica addirittura). Ma io sono emozionatissimo perchè questa sera si consuma la terza edizione della mitica Cena dei Bolliti. La Cena dei Bolliti è una onoratissima tradizione che la nostra compagnia ha in ballo già da tre edizioni (più, a onor del vero, un "numero zero" a compagine e menù ridotti consumatosi nella casa di Ettore e Barbara a Tolè, sull'Appennino bolognese) ma che ogni volta è capace di suscitare emozioni sempre nuove e gratificanti, oltre che, naturalmente, di mandare all'aria ogni santo proposito di moderazione tipo "questa volta però ci andiamo piano perché l'anno scorso credevo di scoppiare" e simili. Prima di tutto la compagnia, bella, assortita, di soli uomini come prevede il cerimoniale, gastronomicamente e intellettualmente qualificata: ovviamente Ettore, anfitrione sempre splendido e indaffarato ai fornelli che questa volta si è ustionato una mano con una pentola di brodo bollente (decorazione: Purple Heart); Max, suo fido scudiero in cucina, che si è ampiamente distinto nell'impasto dei passatelli (ma di questo parleremo oltre); Claudio, questa volta nella veste di parcheggiatore ufficiale; Alan, cognato di Max; Lorenzo, cognato di Ettore; Teo (Cefali), amico veronese amante del buon cibo; Mattia, specialista in automazione, amico amante del buon cibo; Alberto (aka Bucatino), commercialista e revisore contabile direttamente from Rome, amico e amante del buon cibo (pure lui). E modestamente io, vostro cantore. L'inizio è soft ma con una sua classe: alla mortadella di Pasquini abbinata a uno splendido Champagne si sono affiancati insaccati dell'Italia centrale di provato valore come il celeberrimo ciauscolo, insuperabile spalmato su fette di pane caldo, gli altrettanto noti "coglioni di mulo" e splendida salsiccia passita. I normali si sarebbero fermati qua, ma la nostra era la Cena dei Bolliti, mica degli insaccati! Quindi ecco arrivare in tavola splendidi passatelli aromatizzati al macis (il guscio della noce moscata) in brodo di manzo, e poi, ovviamente, tutta la teoria delle carni: cappone, lingua, manzo, coda e testina, il tutto accompagnato da salse e mostarde. Già, perché il bello della Cena dei Bolliti sta nel fatto di poter disporre di svariati tagli da abbinare a infiniti intingoli come: l'ormai mitica salsa Pearà, specialità del Veneto a base di pan grattato, brodo, midollo e pepe che ci è stata preparata direttamente in loco da Teo, le tre mostarde tradizionali (di Cremona, di Mantova e veneta) cui questa volta se ne aggiunta una quarta alle verdure (squisita), salsa verde classica confezionata ma di marca a sicuro affidamento (Biffi), ottime cipolline in agrodolce e la salsa di mia mamma a base di prezzemolo e peperoni (mi astengo da commenti per manifesta partigianeria). A inframezzare le carni l'esperienza celestiale del ristretto di brodo di cappone allo Sherry, una raffinatezza d'altri tempi scaturita dalla mente vulcanica di Ettore e poi, per pulire il palato in attesa del colpo finale, un'altra sciccheria: sorbetto al Lambrusco (realizzato col gelato alla fragola della gelateria Mauritius) con aceto balsamico, di preludio al tris dei salami da pentola, con leggendari cotechini tradizionali, cappello del prete ottimo e delicato, splendidi cotechini affumicati di Sauris. A innaffiare il tutto ovviamente le migliori etichette di Lambrusco, a cominciare la mitico L'Acino di Manzini, con qualche interessante digressione sulla Barbera frizzante del Monferrato, l'ideale anche per il brindisi al compleanno di Claudio, che taglia il traguardo del secolo (ma non ci bada più di tanto). Pour terminer i dolci: splendida torta crema e pinoli abbinata a ottimo Moscato di Pantelleria, e l'inimitabile torta al cioccolato portata da Mattia in triplice copia, cui abbiamo affiancato un Banyuls da mille e una notte. Poi, come d'incanto, sotto un cielo finalmente rasserenato e una luna sorridente, ci siamo accomodati in terrazza fumandoci un sigaro e sorseggiando distillati di pregio: anche questo è il bello della Cena dei Bolliti, l'incoscienza che ti porta, sia pure con un giaccone addosso, a uscire in terrazza alle due di notte in pieno inverno (e in posizione vagamente esposta trattandosi di un superattico...) a fumare un sigaro. Poi, verso le 4, qualcuno, preso da fame, si è anche concesso una boule di tortellini in brodo perchè evidentemente gli antipasti non erano abbastanza: io, conoscendo i miei limiti, non mi sono assocciato all'iniziativa e, conscio dei miei impegni per il giorno dopo, ho preso la via di casa e del letto, ma devo dire che capisco e ammiro profondamente chi ha scelto la via del tortellino. Anche qui, come detto, sta l'incoscienza e il disprezzo per i buoni propositi che la Cena dei Bolliti può ingenerare nell'animo umano.
Ovvi e sperticati ringraziamenti a Ettore per la consueta squisita ospitalità ma anche a tutti gli altri per i rispettivi incarichi ottimamente ricoperti (ognuno ha dato il proprio contributo), sorry ovviamente per l'assenza di Fulvio, costretto a letto dalla malattia. Per la cronaca il giorno successivo ho pranzato con una tisana, ma la sera ero già in discreta condizione come la mia dolce metà può confermare. E pertanto aspetto con ansia future cene (vi informo che ho ancora un simpatico surplus di fois gras oppure, se interessa, un Brunello del 1996 che starebbe splendidamente con della chianina alla brace...)
Av salùt
Cicc