martedì 17 febbraio 2009

EXTRAORDINARIO PIEMONTE A REGGIO EMILIA

Ciao a tutti, tocca a me (ettore, anche se qui sono a firma maxx) fare una breve nota di recensione della serata trascorsa a RE.

Ristorante stellato Michelin, in mezzo alle stalle ed ai trattori delle aziende agricole confinanti: quando arriviamo alle 20:30 sono tutte illuminate a giorno e brulicano di gente indaffarata attorno alle bestie... per essere quello che è, non un agriturismo, è certamente un posto in culo al mondo, come si dice senza giri di parole.

al tavolo siamo seduti con due simpatici ragazzi con i quali facciamo subito amicizia (del resto al 3° bicchiere ci riescono tutti...), in più c'è un simpatico attempato signore di Reggio che parla poco ma ci suggerisce 3/4 cantine per acquisti di vini locali che sicuramente assaggeremo.

maxx, claudio ed io ascoltiamo dal vivo i 3 produttori che presentano le loro aziende e i vini della serata. ci rendiamo subito conto che impareremo molto.

primo giro: Walter Massa e il suo Timorasso di Tortona 2007 e 2006 (il foglio contiene un errore) con battuta al coltello di fassona piemontese.
Massa (noto anche come il papà del timorasso) spiega di essersi focalizzato quasi per disperazione su questo vitigno autoctono, e di aver avuto una gran botta di fortuna tanti anni fa quando i cultori si sono potuti concentrare sulla riscoperta di chicche territoriali come questa, caduta nell'oblio delle mode e schiacciata dalla ingombrante presenza dei vini nobili piemontesi.
al naso colpisce il 2006, ma al palato le sensazioni di idrocarburi (tartufo) e le note minerali sono invadenti. molto più intrigante ed equilibrato il 2007.
Massa ci spiega non esitono più di 40 ha vitati a timorasso in tutto il tortonese e che il successo di questo vino è stato dirompente quanto ha intuito che doveva essere venduto dopo almeno 1 anno di riposo in cantina, non prima.

La battuta al coltello è sorprendente: presentata in piccole palline... ha un profumo di carne "adulta", delicatissimo ma schietto, maturo al punto giusto, oggi impossibile da trovare in carpacci o tartare i cui già flebili sentori "di giovane" sono ammazzati da condimenti e intingoli.

secondo giro: Pasquero con la sua Barbera d'Alba (classica 2007 e superiore 2006), con risotto mantecato alla verza e castelmagno.
nonostante si presentasse come il meno folkloristico dei 3 produttori, è quello che personalmente mi ha più colpito: ha parlato della necessità di evitare fraintendimenti sui metodi biodinamici di produzione ("anche se li seguo, io non certifico niente"), ha messo in guardia dalle ricette sul biologico buone per tutti e per tutte le stagioni ("è inutile che vengano a dire: semina questa erba fra i filari... non è della nostra zona, cosa ci sta a dire?"). ha descritto invece come è bene aspettare a sfalciare i prati ai piedi delle sue viti quando i fiori di campo sono sbocciati ed hanno svolto appieno la loro funzione di "motore naturale" (humus per il terreno quando - sfioriti - cadono ai piedi della vite; stimolo per la presenza di insetti utili come le api; etc.).
merito forse anche di questo se Pasquero al bicchiere letteralmente incanta, coi suoi frutti e la sua freschezza, con i suoi vini dotati di una indisdutibile classe.

Il risotto era ottimo: gran matrimonio fra la verza e il castelmagno giovane (caudio giustamente notava che lo avremmo preferito invecchiato, e mentre lo diceva pregava la cucina di servigli il bis... puntualmente accontentato!). grande lo speaker che invitava a non aspettare la fine dei suoi ragionamenti per buttarsi sull'assaggio del piatto fumante... ce ne fosse di gente così!

Terzo e ultimo: Pino Ratto con le Olive 2006 e gli Scarsi 2004, unite alla guanciotta di vitello brasata con polenta e vino.
Lui è un personaggio particolare: 70 anni, farmacista, musicista, spostato 3 volte (l'ultimo figlio ha 5 anni!!), parla poco e si presenta infangato sino al ginocchio. è stato scoperto tanti anni fa da Veronelli che ne ha fatto un'icona. vive un po' isolato e non sopporta che i vini vengano rigidamente inquadrati (tanto è vero che il suo è un "dolcetto vino da tavola"). qui il link dei ns. amici di GustoNudo che lo distribuiscono.
Sono vini dolcetto incredibilmente diversi anche se le uve, poste - dicono - a pochi metri le une dalle altre, vengono vinificate allo stesso modo.
e poi sono entrambi vini unici, orgogliosamente diversi dai dolcetti a cui siamo abituati.
Da provare, è d'obbligo.

Nota di demerito (peccato!) sul brasato, che era bellissimo e si scioglieva in bocca, ma virava decisamente al dolce, complice la scelta della polenta insipida.

Ottimo bonet finale, con cialdina di pinoli salata! e pasticceria secca.

Da questa serata abbiamo davvero imparato parecchio sul vino.
io sicuramente più di quello che mi aspettavo.

1 commento:

Fratel Teo ha detto...

quanto mi dispiace aver disertato...